G.Luise         LE SPERANZE E IL DOMANI      
NOTA: 
 
I fatti, realmente accaduti, hanno suggerito il racconto, ma i nomi, le situazioni, i riferimenti sono inventati. 
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Conseguita l'abilitazione per l'insegnamento delle Scienze Umane e Storia nei Licei, dopo una lunga attesa, il prof. M.P. si trovò all'improvviso quasi catapultato nel Liceo scientifico statale della cittadina X, sull'onda di un'ennesima protesta degli studenti che, nel periodo più caldo della scuola italiana, verso la fine degli anni sessanta, ad autunno inoltrato, reclamavano il professore di storia e filosofia.  
Il primo impatto avvenne con gli studenti di una quinta. Accompagnato dal Preside, fu presentato alla classe. Notò subito che i ragazzi non si erano alzati in piedi. Dopo l'intervallo, dovette constatare, con un certo disappunto appena contenuto, che nella baraonda seguita al trillo del campanello, avevano usato il suo cappello nuovo per pulire la lavagna. 
Alla ripresa del "dialogo", fu sottoposto a un  fuoco di fila di domande: quale sport pratica? a quale partito è iscritto? cosa pensa di Mao? crede in Dio?... 
M.P. non si sgomentò. Anzi era felicissimo di aver raggiunto il suo scopo, di sentirsi immerso in quell'atmosfera, come dire?, culturale, di cui l'aveva defraudato il precedente impiego d'ispettore doganale. 
Rispondeva a tutti e su tutto, destando ammirazione e consensi. Non si lasciò sopraffare dal vociare, dall'agitazione generale, da qualche tentativo di schiamazzo. Giunse perfino a richiamare i più scalmanati, facendo appello più che al senso di responsabilità o al rispetto della disciplina (l'imputata di quei giorni) alle regole della buona creanza. 
 
Più tardi, riandando a quella prima giornata di scuola, emergevano dalla memoria di M.P. le immagini che si erano accumulate durante la movimentata mattinata. Soprattutto alcuni volti, ognuno con un atteggiamento, sembravano alitargi intorno. Una confusione assordante, nel silenzio intenso: "noi contestiamo il sistema...e come la mettiamo con le inframmettenze del Vaticano, professore? " Frasi smozzicate, risate, qualche vaffanc... 
- E' questa la Scuola che mi aspettavo? - si domandava M.P. E rimuginava, divagava. 
Tra gli altri, ricordò il volto di un ragazzo che per tutto il tempo se ne era stato buono buono, ma non indifferente. Anche lui parlava col compagno, ma con discrezione, a bassa voce, stando con la testa voltata verso la cattedra e gli occhi fissi sul professore. Per timore? No di certo. Per rispetto. E per cos'altro? Occhi pensosi, quasi un velo di mestizia, indice di fine sensibilità d'animo. Aveva detto di chiamarsi Tonino, col solo nome, come avevano fatto gli altri. 
 
Nei giorni successivi s'intensificò la conoscenza reciproca tra studenti e insegnante. Come in un prato i fili d'erba non sono della stessa altezza, così ogni ragazzo ha le sue caratteristiche. In quinta specialmente, quando la maturazione psico-fisica è vicina al completamento, ognuno rivela le doti che l'accompagneranno fondamentalmente per tutta la vita. 
 
M.P. si era proposto di conoscere uno per uno i suoi allievi. Anziché scoraggiarlo, le impressioni di disordine dei primi giorni contribuirono a creare in lui uno stato d'animo di lieta disponibilità. Disciplina, punizioni, limitazioni, voti, registri, interrogazioni erano sotto continua contestazione. Ciò favoriva, per quei professori che fossero disposti, la spontaneità dei rapporti con gli alunni. Ed M.P. era ben disposto, aperto agli stimoli di liberazione interiore, quali provenivano appunto dalla Scuola in quel momento. 
Dedicava un po' di tempo a tutti. Sforzandosi di dispensarlo equamente, tenendo a distanza gl'invadenti e accorciando lo spazio tra sé e i timidi, gl'introversi, i sospettosi. 
Tonino era tra questi: un po' timido, un po' introverso, un po' sospettoso. 
M.P. si accorse ben presto che i momenti migliori per conversare e conoscere singolarmente i ragazzi erano quelli dell'intervallo delle undici. 
I ragazzi si sentivano chi più chi meno in completa libertà. Allora era possibile sondare umori, conoscere preferenze, venire a sapere di situazioni familiari o fatti intimi. 
Anche Tonino si accostava regolarmente al gruppo che circondava il professore. 
E così M.P. venne a sapere che Tonino era unico figliuolo maschio, con una sorella sposata. Il padre un militare attaccato all'uniforme e al senso della disciplina. La madre una casalinga timida  e malferma in salute. Una famiglia giovane e tutto sommato serena. 
Tonino avrebbe potuto trovarcisi benissimo. E invece egli confessava che i suoi non lo capivano. 
-Ecco, professore - diceva - i miei stravedono solamente per mia sorella. Mio padre poi sta continuamente a rompermi l'anima con lo studio e la scuola. Perciò io cerco di stare in casa il meno che posso-. 
-Ma possibile che tu non riesca a stabilire un dialogo sereno con tuo padre? - gli domandava M.P. 
-Ci ho provato - ribatteva Tonino - ma lui certe cose non le capisce. Sa dire solamente che nella vita bisogna assicurarsi un buon posto, possibilmente statale, perché " hai voglia" dice " il posto statale è sempre una cosa sicura. Guardati intorno, cosa credi che succederà con tutti questi scioperi? O prima o poi il bel tempo dell'impiego privato con le paghe alte finirà, anzi, sai che ti dico? è già finito"-. 
-Capisce, professore? Come si può ragionare con uno che non ha capito niente delle lotte che gli studenti stanno portando avanti da alcuni anni a questa parte? - 
Conversazioni di questo genere erano illuminanti per M.P. Gli consentivano di acquisire gli elementi per rendersi conto dell'atmosfera che regnava nella scuola e per non essere coinvolto nei facili luoghi comuni secondo i quali alcuni professori ritenevano di poter fare ancora lezione. 
 
Si era verso la fine dell'anno scolastico. Le giornate di maggio erano calde e luminose. I ragazzi stavano nei banchi sempre più di malavoglia. Appena suonava l'ora, qualunque fosse, non c'era argomento interessante che li tenesse. Si alzavano tutti e manifestando insofferenza si riversavano nei corridoi a fumare, a sfottersi, a sbadigliare. 
Quelli delle quinte erano diventati addirittura insopportabili. Da quando erano state pubblicate le materie dell'esame di maturità, gl'insegnanti delle materie escluse non riuscivano più a farsi seguire. E i programmi, pur essi bersagliati dalla contestazione, rimanevano a mezz'aria incompiuti e mortificati. 
Un mattino si presentò al liceo un ufficiale dell'Aviazione accompagnato da un paio di avieri che recavano del materiale cinematografico. Il tenente, un giovanotto mingherlino, ma energico e simpatico, passò per le quinte classi. Con piglio goliardico e scanzonato, avvertì che d'accordo con la direzione avrebbe proiettato un po' di "felm eccezionali". 
La prospettiva di risparmiare qualche ora noiosa di lezione, rese i ragazzi euforici. Alle dieci l'aula ad anfiteatro era gremita e allegramente rumorosa. Gli aiutanti del tenentino spiegarono lo schermo. Alcuni ragazzi si diedero da fare per oscurare l'aula come meglio poterono. M.P. con qualche altro insegnante era presente e partecipava alla gioia fanciullesca, scambiando col collega alcune impressioni cariche d'ironia, che alludevano allo scopo della proiezione. 
 
Tonino sedeva nei pressi, vicino a Mario, lo "sfottitore" della classe, che insistentemente si volgeva a Tonino: 
-Toni', preparati. Dopo questo "felm eccezionale" farai la domanda per pilota.- 
-Col cavolo- rimandava Tonino- tu non sai come diceva Pulcinella: "Pe' mmare nun ce stanno taverne". Per me "pe' ccielo nun ce stanno marciappiedi"-  
-E' vero- replicava Mario- però ci sono i paracadute se ti viene voglia di scendere all'improvviso...- 
A un tratto un fiotto di luce inondò il telone e contemporaneamente un boato assordante superò ogni schiamazzo e riempì l'aula. Le immagini della pattuglia acrobatica in esercitazione lasciarono all'istante tutti un po' sbigottiti. Poi la reazione. Ognuno allargò la bocca in un ooh! di meravigliato stupore. Molti esclamarono: -Bestiale!-  
Dopo l'esibizione, le successive sequenze mostrarono le immagini dell'Accademia aeronautica. Gli allievi bene ordinati, bene istruiti, elegantemente vestiti espressero quanto di più accattivante può esserci per la sensibilità di un giovane. 
-Ecco -sembravano dire- qui tutto è bello ed esaltante. Avrai una laurea come si deve che non ti costerà nulla.  Avrai dignità, rispetto, uno stipendio discreto e sicuro. Svolgerai un'attività altamente qualificata. Se farai il pilota vivrai ogni giorno un'avventura.- 
Al termine della proiezione, il tenentino distribuì, come dire?, del materiale pubblicitario. Volantini su cui si davano ulteriori ragguagli circa l'Accademia e notizie utili per coloro che avessero avuto l'intenzione di accedervi. 
Infine, tra una generale esplosione di gioia, l'ufficialetto annunziò che per la settimana seguente era prevista una gita delle quinte all'aeroporto vicino per un volo dimostrativo gratuito. 
 
Il giorno successivo il preside fece distribuire dei foglietti ciclostilati: chi intendesse partecipare al volo doveva restituire in segreteria il foglietto con l'autorizzazione della propria famiglia. 
Tonino fu alquanto restio ad accettare il foglio. Battibeccò un po' col bidello frettoloso. Finché il compagno di banco, con una gomitata nel fianco e un'escalazione di biasimo non lo costrinse a prendere il modulo. Tutti si misero a leggere. Quando l'insegnante, che aveva dovuto pazientemente interrompersi, invitò i ragazzi a mettere da parte, Tonino ancora protestava contro il compagno che si sforzava di persuaderlo a partecipare. Intanto, meccanicamente, aveva messo il foglietto tra i libri. 
 
La gita era fissata per il lunedì. Mancavano ancora tre giorni. 
-Ragazzi, sbrigatevi a portare l'autorizzazione. Entro domani devo averla- (aveva ordinato perentoriamente la segretaria, come suo costume) - altrimenti... 
Cosa volesse minacciare quella parola, non si capiva bene. E infatti i ragazzi non ci fecero caso. Solo Tonino sottovoce commentò:- E chi se ne frega?!- 
 
Il lunedì stabilito era una splendida giornata. I ragazzi delle quinte arrivavano alla spicciolata. Erano senza libri. Molti portavano la colazione, l'unico ingombro, che rigiravano continuamente tra le mani, come se fossero indecisi se farla fuori subito o risparmiarla per il momento in cui si fossero sistemati sull'autobus. Sostarono tutti davanti il cancello. Il bidello li esortò a entrare nell'attesa degli autobus dell'Aeronautica.  
Intanto la segretaria infastidita si domandò sussultando chi avrebbe accompagnato i ragazzi. Come se non ci fosse stato tempo sufficiente per pensarci prima! 
A tirare tutti fuori dagl'imapacci ci pensò il professore M.P. che nei giorni precedenti aveva spesso in cuor suo accarezzato il pensierino di cogliere l'occasione per provare, come si dice, l'ebbrezza del volo. 
-Allora, disse il preside- prenda gli elenchi e si assicuri che ci siano le autorizzazioni per tutti-. 
M.P. si diede subito da fare elettrizzato. Nel frattempo fu comunicato che gli autobus erano in arrivo. Si fece l'appello. Insieme con qualche altro mancava Tonino. 
 
Allegramente ognuno prese posto sotto gli occhi degli avieri-autisti, che si mantenevano in disparte sorridendo sotto i baffi. Il tenente delle proiezioni andava indaffarato avanti e indietro, distribuendo facezie ai ragazzi che avevano acquistato una simpatica confidenza. 
- Ci siamo tutti?- gridò al vento il tenente. 
M.P. era intento a un nuovo scrupoloso controllo. Con l'aria di chi non è completamente convinto, guardandosi intorno, assicurò che era tutto a posto. 
L'ufficiale diede ordine di avviare i motori. L'aviere addetto stava per chiudere la porta, quando dall'angolo spuntò ancora qualcuno. 
- Professore, c'è Tonino - gridarono all'unisono quattro o cinque ragazzi.. 
- E dai, stronzo! - lo apostrofarono appena fu vicino. 
L'aviere gli fece spazio e Tonino, immusonito, com'era sua abitudine, ma con un leggero sorrisetto sornione agli angoli della bocca, salutò il professore, senza rispondere all'affettuoso complimento. Porse il modulo con la firma di suo padre e si cercò da sedere. 
 
L'aeroporto distava una buona oretta. M.P. occupò il sediolino vicino al conducente. Il gruppetto degli scalmanati s'insediò negli ultimi posti. Tonino trovò un sedile libero nella zona centrale accanto a Erasmo, che ogni tanto s' alzava per scattare una foto. 
- Non ti muovere - intimò a u tratto a Tonino, che se ne stava assorto a mirare il panorama. " Tac" e scattò. O così sembrò. 
- Voglio immortalare questa giornata radiosa che per te potrebbe essere anche l'ultima -. 
Seguì uno scroscio di risate. Mentre Tonino, tentennando il capo e mormorando qualcosa in un sorriso, si grattava l'affare. 
Intanto dal fondo il solito gruppetto intonava stornelli imbastiti là per là all'indirizzo di Tonino, che in risposta, come per dire che le atrocità a lui rivolte non gli facevano né caldo né freddo, stappò un piccolo termos accingendosi a sorseggiarne il contenuto. Ma si ricordò del professore e fece l'atto di offrire. 
M.P. che aveva gustato divertito la scena, si schermì ringraziando e ritornò a guardare l'incantevole panorama della costa. E si domandava che cosa avesse potuto far cambiare idea a Tonino. 
- Sarà forse stato il padre? - si domandava - o il timore di essere considerato un vigliacco dai compagni? Ma potrebbe essere stato il risultato di un dramma intimo: una scommessa con sé stesso. Non è forse questo l'atteggiamento tipico delle anime sensibili, profondamente autonome, continuamente reclinate su sé stesse, alla ricerca di una propria immagine? - 
M.P. ritenne opportuno non indagare. Né volle chiedere a Tonino, temendo di urtarne la suscettibilità. 
 
Dal momento in cui oltrepassarono il cancello dell'aeroporto, i ragazzi quasi ammutolirono, come pervasi da un misterioso disagio. 
Percorsero un lungo viale asfaltato con bei cespugli di oleandri fioriti, con graziose aiuole curate: dalle connessure dei marciapiedi non faceva capolino un solo filo d'erba... 
Alcune costruzioni basse, certamente gli alloggi o le mense, erano imbiancate di fresco, senza la minima scrostatura. 
- Come è tutto bello e pulito qui - osservò qualcuno. 
- Sembra proprio il nostro liceo - ironizzò Anna. 
- Già - riprese Teresa - ha sì e no una decina d'anni di vita e sta cadendo a pezzi. L'altro giorno durante l'intervallo Sandro ha sfondato la porta dell'aula con un calcio. Sembrava di cartone. Non parliamo poi delle scritte e delle cancellature e delle scritte sulle cancellature -. 
L'attimo di resipiscenza passò presto. A una certa distanza apparvero dei capannoni immensi dove si scorgevano dei meccanici armeggiare imtorno ad aeroplani smembrati. 
- Quelli sono gli hangar - precisò qualcuno con l'aria di saperla lunga. 
 
Improvvisamente apparve alla vista un apparecchio di media grandezza tutto sfasciato su un prato appartato. 
- E quello cos'é ? - domandò Tonino, che per tutto quel tempo se ne era stato assorto a guardare con gli occhi spalancati. 
- Boh! non l'avranno mica rosicchiato i topi. - 
- Buffone, ma perché, non si vede che è precipitato? - 
- Accidenti, ma gli apparecchi cadono pure? - osservò Tonino con un po' di sarcasmo, come per darsi coraggio. 
- E' un DC6 - puntualizzò il ragazzo di prima. 
Fortunatamente l'autobus eseguì una svolta e andò a fermarsi davanti una palazzina bassa ed elegante. Nei pressi sostavano quattro o cinque giovanotti. Dall'abbigliamento, simile a quello visto nel documentario, si capiva che erano piloti. 
Mentre i ragazzi e le ragazze scendevano dall'autobus, essi ridevano e facevano commenti, soprattutto sulle ragazze. 
Fecero entrare in un salone pieno di poltrone comodissime: il tappeto che prendeva tutto il pavimento, tende, silenzio, atmosfera confortevole. Era il circolo ufficiali. Sui bassi tavolini disseminati un po' dovunque erano stati preparati dei vassoi colmi di panini e tramezzini con aranciata. 
M.P. fece disporre tutti a semicerchio. Un alto ufficiale, il comandante dell'Aeroporto,  pronunciò delle parole di benvenuto. Era piuttosto giovane d'età. ( Ma questi hanno la carriera rapida - mormorò serio il solito ragazzo a Lia, una ragazza della quinta B, bionda e bellina che all'autobus aveva attirato le attenzioni dei piloti). 
Il comandante invitò i ragazzi a servirsi. - Perché - aggiunse - in volo e in amore non si può andare digiuni. - E rise ammicante. 
Tutti divertiti si buttarono sui panini. Il comandante con deferenza accompagnò il professore al banco del bar per qualcosa di particolare. 
 
Gli studenti uscirono all'aperto a gruppetti, pieni di curiosità per l'avventura che li attendeva. 
Dietro la palazzina si stendevano le piste. Su una di quelle stava riscaldando i motori un apparecchio che poteva contenere sì e no una ventina di persone. Un ufficiale in tenuta di volo invitò M.P. a salire per primo con gli elenchi. 
- Dobbiamo sapere i nomi di coloro che prendono posto sull'aereo. Si capisce che dovremo effettuare più voli per soddisfare tutti. - 
- Hai capito? - fece Erasmo a Tonino, più che per sfottò per contenere qualcosa che sentiva nascere in sé stesso - vogliono sapere i nomi precisi di quelli che salgono sull'apparecchio. Chissà poi perché... - 
- Ohi deficiente - intervenne Pino che per certe cose era molto più sveglio degli altri - ma è chiaro: se succede una disgrazia ci vorrà la pala per raccogliere i pezzettini. Almeno se hanno i nomi prima, sanno cosa devono scrivere su ogni sacchetto. - 
La spiegazione era lampante, ma crudele. 
- Ma insomma - osservò Tonino con un sorrisetto scemo mentre un nodo gli serrava la gola e lo costringeva a spezzettare le prime parole - ma in...somma, andiamo a fare un'esperienza esaltante o ci conducono alla sedia elettrica? -   
 
I ragazzi e le ragazze del primo gruppo riempirono le poltroncine. Tonino capitò accanto al professore, dalla parte del finestrino. 
- Che apparecchio è questo? chiese al pilota che in quel momento passava per assicurarsi che il portellone fosse chiuso. L'ufficiale gli rispose distrattamente e senza fermarsi : - E' un DC 6. - 
A un tratto dal fondo dell'aereo venne la voce autoritaria e incazzata del pilota che sbraitava contro l'aviere addetto al portellone, perché aveva eseguito scorrettamente non si sa quale manovra. 
- Andiamo bene - osservò Mario. 
- Che succede? - domandò Tonino perplesso. 
- Nulla, pare che l'aviere avesse lasciato aperto il portellone - rispose Mario ridacchiando ironicamente. 
Ma Tonino uscì dalla perplessità quando ricordò che il DC 6 su cui stavano per sollevarsi era un apparecchio simile a quello che avevano visto sfasciato sul campo poco prima. 
Non è possibile sapere cosa successe da quel momento in Tonino. Diventò ilare quasi all'improvviso. Contro il solito si mise a celiare su alcuni particolari. Per esempio accennò al sacchetto sistemato dietro lo schienale di ogni poltrona. 
- E questo a cosa serve? - domandava divertito - per i rifiuti? 
- Aspetta, ci sono arrivato: è proibito gettare oggetti dai finestrini e allora...- E rideva. 
Il professore lo ascoltò divertito. 
- Ma dici davvero? - gli domandò scherzoso - questo serve per chi sopffre di mal d'aria. - 
- Già - ammise Tonino dandosi una botta sulla fronte - che cretino. Mi dispiacerebbe proprio ributtare fuori i panini e i tramezzini. E continuava a ridere e a motteggiare, preso da una strana euforia. 
A un certo momento, sempre facetamente: - Quasi quasi io scendo - disse. 
Il professore avvertì che Tonino faceva sul serio. Qualcosa in lui non funzionava. L' aereo era ancora fermo. Ma dal ritmo dei motori si capiva che stava per decollare. 
- Non ce la faccio, non mi sento bene - disse sbiancando. 
Il ritmo dei motori si faceva più incalzante e rumoroso. 
- Allacciare le cinture - fu ordinato. 
- Capitano - quasi gridò Tonino, sollevandosi dal sedile e facendo l'atto di scappare. Ma incontrò le gambe del professore. 
- Tonino, cosa fai?- chiese allarmato. - Dici sul serio? Stiamo per decollare, non scherzare, ti passerà -. 
Tonino rimase un attimo sospeso, con gli occhi sbarrati, come assente. Ma si riprese. Tutto si era svolto in pochi secondi. Nessuno, tranne il professore, si era accorto del dramma. 
 
L'ìaereo cominciò a rullare, prima lentamente, poi sempre più veloce. Forse nessuno aveva avvertito che le ruote si erano staccate da terra già da qualche minuto. 
- Siamo in aria? - domandò Tonino. 
Nessuno rispose. Ma l'ìaviere passò dicendo che ci si poteva slacciare. 
Alcuni timidamente allungarono il collo verso la cabina di pilotaggio di cui era stata aperta la porta. 
Il solito ragazzo più curioso si alzò e si accostò alla cabina. Si fermò sulla soglia, appoggiandosi con una spalla e sporgendo la testa. Uno dei piloti si girò rapidamente e gli sorrise. Il ragazzo si fece coraggio ed entrò. Altri lo imitarono. 
Tonino fu preso come da un'energia sconosciuta. Chiese di passare e si diresse anch'egli verso la cabina. S'intrufolò fino a poter guardare ampiamente la città sottostante. Non avvertiva più assolutamente il panico di cui era stato prigioniero poco prima. Si sentì invaso da un sentimento mai provato. 
- Meraviglioso - esclamò - e poi dicono che Dio non esiste! - 
Nessuno ebbe alcunché da ridire. Tutti i ragazzi erano attoniti. Tonino era radioso.- 
 
Il "giretto"  fu molto breve e i ragazzi mugugnarono scontenti. Mentre scendevano dall'apparecchio, l'aviere disattento addetto al portellone ironizzava: - A giovano', se vi piace tanto, fate domanda. Ve ne farete 'na panza.- 
Il gruppo successivo era già pronto. Tra gli altri salirono Pino ed Erasmo, i maoisti. Sul punto di decollare, Tonino, che sembrava un altro, per il coraggio e l'entusiasmo di cui si sentiva stracolmo, rivolto a Erasmo che appariva dal finestrino, gl'indirizzò un segno di croce tracciato per l'aria con due dita e terminò con l'indice puntato verso l'alto e gli occhi significativamente rivolti verso il cielo. 
Era la risposta all'augurio che Erasmo gli aveva indirizzato sull'autobus. Erasmo sorrise. Ma non si potè vedere il gesto che s'intuì, perché il finestrino inquadrava solo il volto. 
 
Tra i piloti in tenuta di volo visti all'arrivo, c'era un tipo bassino, dagli occhi spiritosi e le labbra atteggiate sempre al sorriso. Era un sicilianino tutto pepe, che solo a vedere una donna, da buon cavaliere del cielo, andava su di giri. Aveva già adocchiato Lia, la biondina. Quando costei discese dall'aereo insieme con Tonino e gli altri, il tenentino se ne stava poco distante, bilanciato su una gamba, il corpo leggermente arcuato di lato, le braccia conserte, un occhio socchiuso e un risolino indisponente sulle labbra. 
- Vi siete divertiti? - domandò con l'aria di rivolgersi a tutti, ma fissando intensamente Lia. 
- Cosa vuole - rispose languidamente la ragazza che si era resa lestamente conto dell'interesse suscitato - è stato così breve... - 
- E' vero - confermò suadente il pilota, che non aspettava altro - se vuole glielo faccio provare io il brivido del volo.- 
- Magari - sospirò Lia incredula, mentre anche gli altri s'interessavano alla proposta. 
- Vogliamo venire anche noi - protestarono con sfacciataggine altre tre ragazze. 
- Calma, calma - ammonì ridendo il tenente - bisogna vedere cosa ne dice il professore.- 
M.P. aveva assistito senza parole alla commedia. Le ragazze si rivolsero a lui con occhi imploranti e parole carezzevoli. 
Tonino, che fin dal primo momento si era interessato alla proposta, se ne stava in attesa degli sviluppi. 
Il professore, preso alla sprovvista, anche perché si sentiva ancora un po' frastornato , ebbe attimi di esitazione che furono interpretati come una disponibilità all'assenso. Ne approfittò il pilota che assicurò: - Stia tranquillo, professore, le gallinelle sono in buone mani. Queste occasioni capitano rare volte nella vita.- 
Tonino si fece coraggio e chiese subito: - Professore, se non ha nulla in contrario vorrei andare pure io.- 
M.P. aveva avvertito il sarcasmo del tenente e aveva dubitato, temendo chissà quali pericoli per le ragazze, provenienti più dall'uomo che dal pilota. La richiesta di Tonino sembrò farlo uscire dall'incertezza: il tenentino non si sarebbe trovato solo con le ragazze. 
- Va bene - acconsentì - vai anche tu. Ma, mi raccomando - disse serio al pilota - non facciamo pazzie.- 
 
L'aereo, un piccolo bimotore, poteva trasportare quattro passeggeri, oltre due piloti. Era già pronto su una pista metallica secondaria. 
Tonino insieme con tre ragazze occupò i posti dei passeggeri. Lia si sistemò sul sedile del secondo pilota. Il tenente diede degli ordini a un aviere che portò sei paracadute. 
- E questi cosa sono? - domandò Tonino con un'ombra impercettibile di preoccupazione. 
Le ragazze risero. Ma l'aviere fu spiritoso: 
- Se dovessero servirvi, in quel momento sarà meglio raccomandarsi a Dio. Perché prima d'indossarli e farli funzionare sarete già arrivati a destinazione... - E rise. 
Nel divertimento generale, Tonino sembrò dimenticare la molestia che s'era insinuata in lui. 
Altro che DC6! Al confronto questo aeroplanino sembrava un monopattino. Il tenente aveva ragione. Viaggiare su un aeroplano è una cosa, ma volare è completamente diverso. E ora si volava. Si faceva corpo con l'apparecchio. Se ne avvertivano tutti i fremiti. 
 
Si girò per lungo e per largo. Si sorvolò il mare. Si sfiorò la cima di una montagna. Tonino era felice. Felice e orgoglioso. Perché aveva vinto la paura. Sì, bisognava riconoscerlo. Aveva sempre avuto paura dell'aereo. Un sentimento ancestrale che affonda le radici nel cuore della madre terra. Pregustava il piacere di raccontare la propria vittoria. Avrebbe potuto narrare ciò che molti non sono capaci di sperimentare. 
"Fatti non foste a viver come bruti... facemmo ale al folle volo..." e cose del genere gli venivano in mente. Sentiva crescere dentro una marea di pensieri letti e mai veramente capiti, di cui ora afferrava tutto il valore profondamente umano. 
Anche le ragazze erano inebriate. Lia aveva smarrito completamente la sinderesi. L'unico che sapeva ciò che faceva (per fortuna) era il tenentino. O almeno così parve fino a quel momento. 
A un tratto Lia squittì: - Tenente, posso provare a fare una picchiata? -  
 
Per la verità fin dall'inizio il pilota aveva permesso a Lia di tenere la "cloche", ma,  poiché c'erano i doppi comandi, nessuno se ne era preoccupato. E Lia aveva accennato qualche virata. Poi ci aveva preso gusto. E adesso pretendeva di picchiare... 
- Vada - rispose il tenente. 
- Come si fa? - 
- Spinga giù lentamente - 
- Così? Oh, che bello! - 
L'aereo beccheggiò docilmente, ma per poco. Ritornò in posizione orizzontale, richiamato dalla cloche. Poi di nuovo beccheggiò. E questa volta più profondamente. 
Le ragazze sembravano divertirsi come sulle montagne russe. Tonino sentì riaffiorare la preoccupazione di prima. 
L'aereo andava su e giù, proprio come un bastimento. Ogni volta la picchiata era più lunga. 
- Ma... - si lasciò sfuggire Tonino - non sarebbe ora di ... tornare? 
Avrebbe voluto dire "smetterla". Ma tutti capirono lo stesso. 
- Paura, eh, Tonino? - miagolò antipatica Lia, mentre affondava giù per l'ennesima volta la cloche. 
L'aereo puntò decisamente verso terra. I motori rombavano impazziti. Lia rideva come una matta. Le altre ragazze facevano coro. 
L'inerzia impediva di scivolare dal sediolino. Ma Tonino puntò istintivamente le gambe e si aggrappò ai bracciuoli. Sentì il sangue corrergli alla testa. Non avvertì più il cuore. Gli mancò la vista... 
- Basta - gridò stizzito - ma che ci vogliamo ammazzare? 
L'aereo si riprese. Certamente era stato il tenente a tirare i comandi. Si voltò verso Tonino e per nulla preoccupato, ridendo gli fece : - Vogliamo fare il giro della morte? - 
Tonino ora sentiva che se la sua poteva essere paura, quella degli altri, compreso il pilota, era pazzia. E si ricordò di ciò che aveva raccomandato il professore. 
 
All'atterraggio trovarono gli altri della compagnia ad attenderli. La vista di coloro che erano stati spettatori delle acrobazie, rimise Tonino nello stato di euforia. 
La testa gli ronzava e faceva fatica a mantenersi in equilibrio. Mancò poco che lo portassero in trionfo. 
- E' stata una cosa bestiale, ragazzi. Non l'avrei nemmeno sognato un battesimo del volo così. - Prenderò il  brevetto o mi arruolerò.- 
 
                                                         
 
Tonino superò l'esame di maturità con voti discreti. 
Aveva scelto come materia d'esame la lingua francese, che aveva sempre studiata con interesse. S'iscrisse in Giurisprudenza. Quasi ogni giorno si faceva vedere al Liceo. Specialmente i primi tempi dell'anno successivo, come fanno tutti, attirati ancora dalle amicizie che hanno lasciate e dalla nostalgia. 
M.P. lo incontrava spesso anche per la strada.  Quando dovette sostenere l'esame di Diritto Romano,  chiese di essere aiutato nella traduzione di alcuni passi dal latino. Per un altro esame gli prestò un libro. Erano rimasti buoni amici ed M.P. s'interessava dei suoi propositi per il futuro. 
Un giorno Tonino gli parlò della sua decisione di accedere all'Accademia dell'Aeronautica. Suo padre si dava da fare per spianargli la strada in tal senso. 
M.P. aveva precedentemente conosciuto il padre del ragazzo.  Questi era venuto a chiedere notizie del figlio prima dell'esame di maturità ed M.P. era stato contento di sentire " l'altra campana ". 
Il colloquio era durato quasi un'oretta. Tempo benedetto.  Ogni insegnante dovrebbe insegnare qualche ora di meno, ma parlare molto di più con i genitori dei ragazzi. Dal colloquio il professore aveva capito che Tonino era la luce degli occhi di suo padre. Solo che costui, chiuso in un atavico disagio che inibisce la spontanea comunicabilità tra padre e figli, era incapace di parlare al figliuolo senza urtarlo o senza essere costretto al cedimento. 
Dopo quel colloquio, Tonino aveva confessato al professore che i rapporti tra lui e suo padre erano molto migliorati. 
 
Un giorno Tonino andò a salutare il professore: partiva per l'Accademia. Ce l'aveva fatta. Suo padre era raggiante. 
 
I mesi passatrono. Giunse qualche cartolina di saluti con le immagini dell'Accademia. Una diceva: "Ci vedremo a Pasqua". 
 
 
Venne quella Pasqua. Ma Tonino non potè raccontare agli amici ammirati le esperienze della sua felice vita di cadetto. 
Un chiaro mattino di marzo, Tonino, insieme con i suoi compagni di corso, salì su un capace aereo militare per un volo di "ambientamento". Mentre alcuni bascondevano sotto la battuta allegra la sottile preoccupazione, forse Tonino ricordò la sua esperienza di qualche anno prima. E chissà, rincuorò qualche collega. 
 
Poco dopo il decollo, ci fu un boato... E tanti frammenti sparsi all'intorno. 
 
 
 
Esplose 
il cuore della terra 
e si fermò 
il tempo... 
 
E tu volteggiavi 
aggrappato 
a un brandello di rogo 
e chiedevi la vita 
al cielo 
intravisto 
in un giorno di sole. 
 
Non piangere, anima mia: 
non potrò più 
sapere da te 
le nuove 
del mondo giovane 
e le speranze  
e il domani... 
 
Addio, 
sul volo breve 
d'un mattino felice. 
Ti consegno 
le angosce 
della vita che sfugge. 
 
 
 
Gennaro Luise, il professore di Filosofia, alla memoria del suo alunno  Peppe Minelli, dissolto nel cielo di Monte Serra il  4 marzo 1977 insieme  con altri trentasette cadetti dell'Accademia navale di Livorno.